lunedì 23 giugno 2008

Mente/Corpo

LA VIA MENTALE
Noi creiamo e viviamo in un mondo di cose, che definiamo con dei nomi e che, quindi, riconosciamo come forme (oggetti). Intorno a noi c'è un mondo di oggetti che ci tengono schiavi del gioco: MENTE/OGGETTO.LA VIA DEL SENTIRE COME AMORE AL DI LA' DEI LIMITIUsando la mente come un senso, lavoriamo per far diventare oggetto sensazione. Quindi l'oggetto perde la forma e viene sentito come energia che interagisce con le forze dell'universo e così abbiamo demolito i limiti del mentale.
Noi adesso possiamo usare l'energia in uno spazio/tempo presente come magia del sentire.
Nasce il movimento che noi chiamiamo tecnica, ma in verità è l'unione mente/corpo che usa il sentire (e non il capire mentale) che ci guida al di là dei limiti della tecnica.
L'APPRENDIMENTO MENTALE
Usando uno strumento (tecnica), che si muove come oggetto mentale, l’apprendimento mentale ci porterà ad aggiungere un nuovo oggetto alla collezione già memorizzata nella forma/nome.
Per eseguire una determinata azione, la mente cercherà nel catalogo di oggetti e le userà una dopo l'altra per realizzare una soluzione mentale.

IL VERO APPRENDIMENTO
Usiamo il sentire attraverso il movimento, percepiamo l'unione e il ritmo per superare il limite e far diventare il movimento creativo come forza positiva.UNIAMO: MENTE/CORPO
Dimentichiamo le forme attraverso il movimento, costruiamo armonia mente/corpo.Realizziamo nel presente il sentire spazio/tempo energia.

Sandro Aikidoka

giovedì 29 maggio 2008

A Francesco

Mi hanno chiesto di scrivere qualche parola in ricordo di Francesco, un amico, un compagno di pratica, mancato pochi mesi fa, prima di Natale.
Che dire di Francesco, non è facile descrivere un amico in poche parole, ma ci provo: caparbio, un po’ sognatore, un po’ pensatore, un giornalista, un po’ poeta, incuriosito dagli aspetti esoterici del mondo, amante della buona cucina e cuoco sopraffino, praticante di Aikido.
E’ stato lui, tredici anni fa a dirmi “andiamo a vedere una lezione di Aikido, se poi ci piace lo facciamo” (lui aveva già praticato alcuni mesi qualche anno prima). Così è iniziato il suo percorso, e il mio, in questa arte marziale, fino a raggiungere insieme, un paio d’anni fa, il primo dan. Un percorso che ha sicuramente rafforzato la nostra amicizia.
Negli anni l’Aikido è diventato sempre più parte della sua vita e lui parte del gruppo di pratica, tutti legati da sincero affetto. Gli piaceva molto praticare, dare consigli ai più giovani e, spinto da una forte curiosità, approfondire la materia leggendo gli scritti dei Maestri. Considerava l’Aikido come una via per raggiungere mete più elevate.
In queste pagine ci sono i suoi scritti sull’Aikido, così ci accompagnerà ancora nella via che già abbiamo percorso per un lungo tratto insieme.

Luca

mercoledì 28 maggio 2008

Ciao a tutti,

sto lavorando a questo Blog da un po' di tempo e spesso mi sono detta che avrei contribuito anch'io a dire qualcosa, non perchè abbia l'opportuna conoscenza della materia ma perché mi sentivo di farlo!!!Poichè per me l’aikido non è un hobby o uno sport, è un vero e proprio amore.
Di fatti l'aikido per me è questo, un passione che ogni giorno cresce sempre di piu', perchè è in continua evoluzione, non ti annoia mai.
In ogni lezione apprendo cose nuove, ogni lezione è un momento di conoscienza di una cultura così diversa da noi, veramente affascinante.
Questa passione è fomentata anche dai miei maestri Antonio, Sergio, Silvio e Bruno che con la loro bravura e simpatia mi aiutano a camminare lungo questo sentiero che ho appena intrapreso.
Quindi vorrei ringraziare davvero tantissimo tutti i ragazzi dell’Aikido che mi aiutano giorno dopo giorno a comprendere questa meravigliosa arte!!!( perché per me è di questo che si tratta!!)

Come dicevo prima il mio cammino è appena iniziato, ma spero tanto che fra 30 anni potro’ essere qui di nuovo a scrivere che il mio cammino, non si è ancora concluso, riconfermando a tutti quanto sia bello praticare AIKIDO.


Moni

P.S: All’inizio eravamo solamente in cinque a praticare ( io l’unica donnina) ora siamo in Quindici ( di cui cinque donne), un motivo ci sarà per cui nell’arco di soli tre anni siamo cresciuti così tanto di numero!!

lunedì 26 maggio 2008

Uke e Torì:la complementarietà dei ruoli


Nella pratica dell'aikido esistono due vie di apprendimento pratico delle tecniche, una passiva, "Uke" e una attiva, "Torì".

Il primo attacca e permette al secondo, che si difende, di provare la tecnica. L'aikidoka si alterna nei due ruoli provando così due aspetti complementari della stessa azione. "... I movimenti nelle arti marziali diventano vivi quando il centro del Ki è concentrato nella mente e nel corpo e che quanto più calmo divenivo tanto più chiara diveniva la mia mente. (....) La mente calma è come il centro quieto di una trottola vorticosa, è in grado di girare senza sforzo e rapidamente. Sembra quasi che sia immobile". Morihei UeshibaLa trottola di cui parla Hueshiba è stata spesso interpretata come una sfera dinamica, che sfruttando un punto centrale fermo, assorbe l'energia cinetica dell'avversario - uke - e la incanala proiettandola nella direzione voluta da chi sta eseguendo la tecnica - torì. Per fare aikido è necessario che il praticante sia attivo in ciascuno di questi due ruoli. Uke rappresenta l'avversario che attacca, ma la parola avversario in realtà non appartiene alla natura dell'Aikido, la vera traduzione è "colui che viene guidato o lanciato" mentre torì, che rappresenta chi si difende ed esegue la tecnica, significa "colui che guida o lancia". La reciprocità di questi due ruoli è fondamentale e permette anche a Uke di avere una percezione particolare della tecnica che sta subendo. Per Torì è invece fondamentale disporre dell'energia di Uke che simula l'attacco, altrimenti nessuna tecnica è eseguibile. E' evidente come la complementarietà dell'azione in Aikido sia molto importante e rappresenti una vera e propria ricerca, per altro connaturata al termine Ai (unione), riferito anche alla persona con cui si sta praticando. Le tecniche vengono provate con questo schema di reciprocità, che può avvenire in coppia - i praticanti ogni volta si scelgono con un inchino - o in gruppi di varia dimensione, in cui un Torì sta al centro e i compagni che fanno Uke lo circondano. Questa modalità di comprensione della tecnica determina rapporti particolari tra i praticanti di Aikido.E' difficile spiegare a parole, perché non è basata sul rapporto mentale o funzionale, come in genere avviene nel quotidiano, ma su aspetti pratici ed energetici.
Francesco Aleo

O Sensei

Chi era Morihei Ueshiba, il fondatore dell'Aikido

Era un uomo di 1 metro e 53 centimetri, piccolo ma invicibile. Un samurai dello spirito che ha attraversato un secolo tempestoso. Ha vissuto nel Giappone dei duelli e delle guerre, affrontando a mani nude uomini armati di spada, vivendo le tante guerre del 900 senza paure.

Fine conoscitore delle armi tradizionali e delle arti marziali, Morihei Ueshiba (1883-1969) ha ufficialmente fondato l'AiKido all'inizio degli anni 40 dandogli quegli elementi essenziali che lo caratterizzano come una disciplina spirituale, al di là della lotta e dello sport. La sua vita, intensa e tumultuosa è difficile da sintetizzarne ci limiteremo, quindi, a enunciare alcuni aspetti. Dal punto di vista strettamente marziale una influenza certa l'ebbe il periodio in cui fu discepolo di Sokaku Takeda (1912 - 1917), figura mitica nel giappone di quei tempi, che aveva fondato basandosi sui segreti marziali della propria rinomata famiglia una scuola definita di Ai ki Jutsu. La scuola "Takeda Da To Ryu" fonde insieme tecniche del Ju Jutsu - tipiche del combattimento senza armi dei samurai - e tecniche di spada di varia provenienza. Nella vita spirituale del fondatore dell'Aikido ha molta importanza l'incontro con Deguschi (Onisaburo Ueda), creatore di una religione legata allo Shinto chiamata Omoto Kio. Morihei , che ha 36 anni quando lo incontra la prima volta, rimane affascinato dal carisma di Deguchi e finisce coll'aderire appieno al credo della nuova religione. Proprio in quel periodo fonda la sua prima scuola di arti marziali (Ai Ki Budo), senza trascurare altre attività come l'agricoltura, e partecipa attivamente alla vita della comunità religiosa. Significativo, pur essendo stato istruttore in alcune istituzioni militari prima della guerra, è il suo rifiuto per il mondo militare e la dura condanna, espressa però in forma privata, all'attacco Giapponese a Pearl Harbour: "Un'azione nefanda, contraria a tutti i principi del Budo, destinata ad essere punita dagli Dei". Deluso, nel 1942 si ritira a vita privata e apre il Dojo di Iwama dove arriva a codificare in modo coerente la nuova disciplina. Ma solo nel dopoguerra, caduti i divieti di pratica di arti marziali imposti dagli americani, riesce a fondare l'organizzazione per la diffusione della sua disciplina, l'Aiki Kai, è il 1948.Ormai più che ottantene, dopo aver esercitato e affinato la sua "via" per più di vent'anni, muore per un tumore il 26 aprile del 1969, le sue ultime parole sono: "Io devo fermarmi qui. Seguite la strada che vi ho indicata, io non sono che al primo passo, sta a voi continuare...l'aikido è per il mondo."
Francesco Aleo

sabato 24 maggio 2008

I movimenti fondamentali nell'aikido

Circolarità e penetrazione

Gesti circolari e ampi che assorbono e rilanciano l'energia dell'avversario, ma anche entrate dirette, che penetrano nello spazio lasciato libero da chi attacca, caratterizzano l'azione dell'aikidoka.

"Non guardare questo mondo con timore o avversione fai fronte coraggiosamente a tutto ciò che offrono gli dei". Morihei UeshibaCircolarità e penetrazione nello spazio avversario sono due dei movimenti portanti dell'Aikido, convivono nell'azione svolta da torì (colui che esegue la tecnica) che unendosi all'atteggiamento fisico di uke (chi attacca e permette di provare la tecnica) producono l'esecuzione di una tecnica (Waza). Il contatto tra i due attori permette di sfruttare l'energia presente nell'attacco, collegandola attraverso leve e spostamenti tempestivi e naturali, alle posizioni delle articolazioni del corpo. Lo squilibrio dell'avversario spesso viene raggiunto grazie a movimenti basati su spirali di varia ampiezza che "avviluppano" e spostano la posizione del corpo dell'altro all'interno del proprio punto di equilibrio (Tan dem). Il controllo avviene attraverso leve che producono un sopportabile dolore ed è proprio grazie alla naturale tendenza a rifuggire dal dolore, che l'attaccante assume le posizioni adatte alla conclusione della tecnica. L'esecuzione della tecnica viene completata tramite atterramenti, immobilizzazioni e proiezioni. In Aikido la posizione di un mignolo, o l'orientamento di una mano di Torì determinano cambiamenti notevoli nella postura dell'attaccante mentre l'unione energetica esalta la posizione stabile di chi sta eseguendo la tecnica (Torì). Le gambe non hanno alcuna funzione di presa sull'avversario e non sono usate per colpirlo. Devono sempre rimanere a terra, ancorate intorno al punto immobile di quella che potremmo chiamare la "trottola" eneregetica di chi esegue. Solo così saranno in grado di fornire solidità all'azione e di fare da fulcro alle anche, impegnate ad assecondare e restituire le energie percepite.
Francesco Aleo

Significato dell'Aikido


La traduzione letterale, come avviene nelle lingue orientali che usano ideogrammi, dà solo un'idea astratta del significato contenuto nell'espressione.


L'espressione Aikido è composta da tre parole con significati che possono essere tradotti letteralmente come via "do" - dell'unione "ai" - con il "ki". La prima delle tre voci "Ai" esprime il concetto di unione. Se si guarda attentamente l'ideogramma che lo rappresenta, ricorda una casa. In dettaglio l'ideogramma è composto da tre componenti grafiche: la convergenza espressa dalle due linee in alto che forma "il tetto", il rettangolo che simboleggia la bocca nella parte inferiore e infine un tratto di raccordo orizzontale posto al centro. Se vogliamo assegnare un significato compiuto l'ideogramma rappresenta il fluire delle cose nella stessa direzione, banalizzandolo lo stare sotto lo stesso tetto. Ma l'accento va posto sull'idea di unificazione, di conformità. Un concetto occidentale molto simile è quello di armonia, più elementi che convivono in modo concorde. Nel nostro caso il termine Ai sottintende un duplice accordo: tra mente e corpo, tra uomo e cosmo. Il "ki", unica parola che non abbiamo tradotto, esprime un concetto comune ad alcune religioni orientali - Shinto, Zen, Tao - e rappresenta l'energia dell'universo che crea la vita. Questa energia viene distinta in tre livelli: il ki universale, il ki della specie e il ki individuale. In quest'ultimo caso possiamo immaginarlo come un'emanazione spirituale del soggetto. L'ideogramma mette in relazione due concetti: la parte inferiore con una linea verticale attraversata da diversi tratti orizzontali riconduce all'idea di una sostanza sottile, impalpabile e dinamica, accanto abbiamo un tratto, somigliante a un 7 rivolto verso l'esterno, che sembra racchiudere e custodire questa sostanza. Infine in alto troviamo tre tratti di cui uno obliquo che rappresenta la negazione del dire.Il riferimento è a qualcosa di indicibile che è nascosto nella natura delle cose. In effetti spiegare il Ki è impresa sovrumana anche per chi pratica Aikido, nonostante ne possa intravedere effetti e intensità. Il termine "Do" lo abbiamo tradotto con via, concetto ben diverso da quello di disciplina o arte, ma senz'altro più vicino all'idea originaria presente anche nel Tao cinese. Una traduzione concettualmente più aderente alla nostra cultura potrebbe essere quella di "percorso di crescita", che sottolinea la pratica costante nel tempo. Attenzione a non confonderlo col concetto occidentale di logos, più astratto, o a non ridurlo a un metodo, dato che non è solo teorico o generico, ma sottintende un rapporto individuale profondo con il nostro essere e con la vita concreta. L'ideogramma rappresenta, anche intuitivamente, un uomo, nella parte destra, che affronta un sentiero che non ha una meta d'arrivo. In questo senso anche l'Aikido è una pratica che non si conclude, non c'è un punto di arrivo, è una ricerca continua che permette all'uomo di vivere in accordo con la natura.
Francesco Aleo

Perché praticare l'Aikido.

L'arte marziale che va sotto il nome di Aikido non usa la potenza, preferisce l'armonia dinamica, i muscoli rilassati e la concentrazione gioiosa che unisce.

Il suo scopo non è l'agonismo o la difesa personale, né tantomeno l'annientamento dell'avversario, ma la crescita spirituale di chi la pratica.
Dimenticate i muscoli gonfi e tesi, la grinta da lottatore e i colpi mortali. Nell'Aikido non si fa combattimento, la lotta serve solo come studio e verifica per affinare le proprie capacità e crescere spiritualmente, al massimo, può essere usato come "difesa della vita".
Tra le discipline derivate dalle tecniche di guerra del Paese del Sol levante questa è indubbiamente la più eterea e raffinata, ma anche la più completa ed efficace. Caratterizzandosi come una rielaborazione delle tecniche di guerra dei samurai in chiave spirituale è praticamente impossibile separare queste due parti. L'efficacia delle tecniche è comunque reale e per certi versi sconcertante. Il contatto con l'avversario è minimo, i passi essenziali e rapidi, spesso circolari, i movimenti sono fluidi, vorticosi e inaspettati. L'esecuzione delle tecniche determinano spirali e giravolte, usando le leve naturali del corpo e contatti dinamici concordi o cambi improvvisi di direzione.Il praticante - aikidoka - usa negli allenamenti anche alcune armi tipiche della tradizione giapponese (la spada, il coltello e il bastone) e adopera la sua mano come una spada (te-gatana). Molte tecniche a mani nude, derivano proprio dal combattimento con la spada.
Chi vuole praticare Aikido non pretenda di aumentare il potere o la forza sugli altri, deve invece comprendere che la vera sfida è con se stesso. Questo significa massima collaborazione con i compagni, disciplina e concentrazione nel momento della pratica Nessuna pretesa verso il mondo esterno, ma impegno e ricerca di armonia e comprensione.
In cambio il praticante ottiene, oltre a un certo benessere psicofisico, una maggior padronanza di se stesso, migliorando il rapporto mente-corpo e la sua capacità di concentrazione e reazione agli eventi.
Francesco Aleo