lunedì 30 giugno 2014

3 - Buddhismo e Scienza. Impermanenza

"L'universo si sta espandendo a causa dell'impulso ricevuto dalla sua esplosione primordiale. Questa natura dinamica è descritta dall'equazione della Teoria della relatività. Con la teoria del Big Bang, l'universo ha acquisito una storia. Ha un inizio, un passato, un presente e un futuro. Un giorno morirà in una deflagrazione infernale oppure in un gelido congelamento. Tutte le strutture planetarie dell'universo, stelle, galassie e ammassi di stelle sono in movimento perpetuo e sono parte di un immensa danza cosmica: ruotano sui propri assi, attorno alle proprie orbite, si avvicinano o si allontanano l’una dall’altra. Anch'esse hanno una storia. Sono nate, raggiungono la maturazione e poi muoiono. Le stelle hanno cicli di vita che abbracciano milioni e perfino miliardi di anni.

Lo stesso vale per il mondo atomico e subatomico. Anche qui ogni cosa è impermanente. Le particelle possono cambiare la propria natura: un quark può mutare la sua famiglia, o aroma, un protone può diventare un neutrone ed emettere un positrone e un neutrino. Materia ed antimateria si annullano l'un l'altra, diventando pura energia. L'energia del movimento di una particella può trasformarsi in un'altra particella o viceversa. In altre parole, la proprietà di un oggetto può diventare un oggetto. A causa dell'incertezza dell'energia del quantum, lo spazio intorno a noi è ricolmo di un inimmaginabile numero di particelle virtuali con fantasmatiche esistenze transitorie. Apparendo e scomparendo continuamente, sono la perfetta illustrazione dell'impermanenza, con i suoi cicli infiniti di brevi vite.
Quindi la realtà può essere percepita in vari modi - e differenti approcci, l’uno volto all’interno e l’altro all’esterno, portano alle stesse verità. Il Buddhismo non troverà di certo sorprendente una tale concordanza. Poiché il mondo fenomenico può essere osservato solo attraverso il filtro della consapevolezza, e dato che la consapevolezza stessa è interdipendente con il mondo esterno, la natura fondamentale dei fenomeni non può essere altro dalla mente buddhica illuminata."
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Tratto da "The Quantum and Lotus - A journey to the frontiers where science and Buddhism meet", Matthieu Ricard e Trinh Xuan Thuan, Crown Publishers, New York, 2001.

2 - Buddhismo e Scienza. Interdipendenza


"Il concetto di interdipendenza stabilisce che le cose non possono essere definite in termini assoluti, ma solo in relazione ad altri. Questa è, sostanzialmente, la stessa idea del principio della relatività del moto nella fisica, che fu stabilito per la prima volta da Galileo e che poi venne perfezionato da Einstein. "Il moto è come il nulla", stabilì Galileo. Quello che intendeva dire era che, nella fisica, il movimento di un oggetto non può essere definito in termini assoluti, ma solo in relazione al movimento di un secondo oggetto. Non c'è modo per i passeggeri su un treno in movimento, con i finestrini chiusi, di scoprire con dati precisi ed esperimenti se il treno si stia muovendo o sia ancora fermo. E' solo aprendo i finestrini e guardando la campagna scorrere velocemente, che i passeggeri possono scoprirlo. Quindi, nella misura in cui non c'e' una struttura esterna di riferimento, il movimento è equivalente al non-movimento. Il Buddhismo dice che gli oggetti non esistono inerentemente, ma solo in relazione ad altri oggetti. Il principio della relatività dice che il movimento del treno esiste solo in relazione allo scorrere del paesaggio.

Tempo e spazio hanno perso le caratteristiche assolute che Newton diede loro. Einstein ci ha dimostrato che tempo e spazio possono essere definiti solo in termini relativi che dipendono dal movimento dell'osservatore e dall'intensità del campo di gravità che li circonda. In vicinanza di un buco nero, un secondo può distendersi fino all'eternità. Proprio come nel Buddhismo, la relatività ci insegna che l'idea di un passato già trascorso e di un futuro che deve ancora arrivare è una mera illusione, dato che il mio futuro può essere il passato di un altro e il presente quello di una terza persona - tutto dipende dai nostri relativi movimenti. Il tempo non passa, semplicemente è.

La nozione di interdipendenza ci porta direttamente all'idea di vacuità/spazio, che non significa il nulla, bensì assenza di esistenza inerente. Poiché ogni cosa è interdipendente, niente può autodefinirsi ed esistere inerentemente. L'idea di proprietà intrinseche che esistano di per sé stesse e da sé stesse deve quindi essere completamente scartata. Ancora una volta, la fisica quantistica ha qualcosa di straordinariamente similare da dire. Concordemente con Bohr e Heisenberg, non possiamo più parlare di atomi ed elettroni come di entità reali dalle proprietà nettamente definite, ad esempio la velocità o la posizione; adesso dobbiamo assolutamente considerarli come parte di un mondo composto di potenzialità e non di oggetti o accadimenti. La vera natura della materia e della luce diventa soggetta a relazioni di interdipendenza. Non è affatto intrinseca, bensì può mutare a causa dell'interazione tra l'osservatore e l'oggetto osservato. Una tale natura non è affatto unica, ma duale e complementare. Il fenomeno che chiamiamo particella diventa un'onda quando non la stiamo osservando. Ma non appena viene fatta una misurazione o una osservazione, inizia ad apparire di nuovo come una particella. Parlare di una realtà intrinseca di una particella, oppure della realtà che possiede quando non è osservata, sarebbe senza significato perché non potremmo mai coglierla. Così come nella nozione buddhista del samskara - o Evento -, la meccanica quantistica ha radicalmente relativizzato il nostro concetto di un oggetto, rendendolo subordinato alla misura o, in altre parole, ad un evento. C'è di più, il quantum classifica con incertezza un limite preciso su quanto accuratamente possiamo misurare la realtà. C'è sempre un grado di incertezza sia sulla posizione sia sulla velocità di una particella. La materia ha perduto sostanza.

La nozione Buddhista di interdipendenza è sinonimo di vacuità/spazio, che è a sua volta sinonimo di impermanenza. Il mondo è come un vasto flusso di eventi e di correnti dinamiche, tutte interconnesse e costantemente interagenti. Questo concetto di mutamento perpetuo, onnipresente, si accorda con la moderna cosmologia. Gli immutabili paradisi di Aristotele e lo statico universo di Newton non hanno più senso. Ogni cosa si muove, muta ed è impermanente, dal minuscolo atomo all'intero universo, galassie, stelle e genere umano inclusi."
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Tratto da "The Quantum and Lotus - A journey to the frontiers where science and Buddhism meet", Matthieu Ricard e Trinh Xuan Thuan, Crown Publishers, New York, 2001.

1 - Buddhismo e Scienza. Premessa



"Queste conversazioni sono parte di un dialogo in corso, avviato tra scienza e Buddhismo. La cosa più importante che mi hanno insegnato è la precisa convergenza e risonanza tra la visione Buddhista e quella scientifica della realtà.

 Alcune visioni del Buddhismo sul mondo fenomenico sono sorprendentemente similari alle nozioni che sottendono quelle della fisica moderna - in particolar modo alle sue due principali e imponenti teorie: la meccanica quantistica, che è la fisica dell'infinitamente piccolo, e la relatività, la fisica dell'infinitamente grande. Sebbene il Buddhismo e la scienza abbiano metodi di investigazione sulla natura della realtà radicalmente diversi, ciò non porta ad una opposizione insuperabile, ma piuttosto ad una armoniosa complementarità. Questo perché sono entrambi alla ricerca della verità e perché entrambi usano criteri di autenticità, rigore e logica.

Prendete per esempio uno dei punti centrali del Buddhismo, l' Interdipendenza dei fenomeni. Nulla esiste inerentemente oppure per sua stessa causa. Un oggetto può essere definito solo in termini di un altro oggetto. L'interdipendenza è essenziale nel manifestarsi dei fenomeni. Senza, il mondo non sarebbe in grado di funzionare. Così un dato fenomeno può accadere solo se connesso ad altri. La realtà non può essere localizzata e suddivisa, bensì considerata come olistica e globale.
Attualmente numerosi esperimenti di fisica ci hanno autorevolmente imposto questa visione globale. Nel mondo atomico e subatomico, esperimenti quali l'EPR (N.d.R. Electron Paramagnetic Resonance) ci hanno dimostrato che la realtà è indivisibile. Due particelle di luce che hanno interagito continuano ad agire come parte di una singola realtà. Per quanto distanti siano, si comportano istantaneamente in un modo correlato, senza che occorra alcuno scambio di informazione. Per quanto concerne il mondo macroscopico, la sua natura globale è dimostrata dal pendolo di Focault, il cui comportamento non dipende dalla sua collocazione ambientale, ma dall'intero universo. Ciò che accade su un piccolo pianeta è determinato nella vasta immensità del cosmo."
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Tratto da "The Quantum and Lotus - A journey to the frontiers where science and Buddhism meet", Matthieu Ricard e Trinh Xuan Thuan, Crown Publishers, New York, 2001.

venerdì 27 giugno 2014

0 - Buddhismo e scienza. Parola di Albert Einstein.

"La religione del futuro sarà una religione cosmica. Dovrà trascendere un Dio personale ed evitare dogmi e teologie. Soffusa sia di natura che di spiritualità, dovrà essere basata su un senso religioso derivante dall’esperienza di tutte le cose, naturali e spirituali, considerate come un’unità piena di significato. Il Buddismo risponde a questa descrizione.
Se ci fosse una qualsiasi religione in grado di rispondere ai bisogni della scienza moderna, questa potrebbe essere il Buddismo"
Albert Einstein, Cit.

lunedì 23 giugno 2014

Shobu Aiki Programma Tecnico

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2014-2015: Calligrafia

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martedì 17 giugno 2014

2014-2015 Corso di Aikido

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mercoledì 11 giugno 2014

Kotokama - Parola Spirito

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lunedì 9 giugno 2014

I suoni Sacri del Kototama



Il seguente testo è estratto da libro Aikido and Words of Power - The Sacred Sounds of Kototama (1) di William Gleason (2), pubblicato nel 2009. Questo capitolo si intitola In the Beginning—The Kototama of Su (In principio - il Kototama Su).
 L’Aikido affonda le proprie radici nello shintoismo giapponese, il cui insegnamento originale è il kototama. E’ dal kototama, traducibile come “parole-spirito”, che sono state create le nostre capacità innate del linguaggio e del pensiero. Il kototama comunque non dovrebbe essere visto come un mezzo per dividere le persone o fare distinzioni di razza. Essendo la radice del pensiero stesso e perciò di tutte le lingue parlate, è un mezzo per comprendere la nostra origine comune e la nostra unità.
Il kototama non è una teoria, non è un insegnamento. E’ l’energia vitale, detta ki, che dà vita alla coscienza in tutte le sue varie forme. In altre parole, è la mente che crea gli esseri umani e non il contrario. La nostra unicità nel regno animale sta nella nostra capacità di tradurre i sentimenti in pensiero astratto e quindi in creatività. Il modo in cui usiamo questo strumento determina fortemente la qualità delle nostre vite e anche quella del pianeta.

“L’Aikitama, lo spirito dell’armonia (aiki: armonia; tama: spirito, anima - n.d.t.) è la funzione delle parole-spirito; è il ki creativo dell’universo. Come pesci nell’oceano, siamo immersi in un mare di coscienza. Siamo così immersi infatti, che non è facile per noi vedere la nostra vera natura o il ruolo decisivo che inevitabilmente giochiamo nella creazione della nostra realtà. E’ solo quando la nostra esperienza soggettiva è verificata dal principio obiettivo della mente originale che la realtà diventa consistentemente chiara.
Il Kototama è “la parola” che è destinata a manifestarsi in forma umana. E’ il kotoha, la vibrazione (ha) dell’onda (koto) luminosa super veloce della vita. In quanto forza vitale di ogni cosa è onnipresente; non esiste niente al di fuori di essa. In quanto origine della coscienza è onnisciente. In quanto origine del movimento e, quindi, della potenza, è onnipotente. In quanto realtà dietro le apparenze è il “non nato”, ciò che non conosce separazione all’interno dell’eterna trinità di mente, materia e spirito.
Nelle parole del Buddha:  «In verità, esiste una realtà in cui non c’è né solido, né liquido, né calore, né moto, né questo mondo, né un altro, né il sole, né la luna... Se non ci fosse questo Non Nato, Non Originato, Non Creato, Non Formato, la fuga dal mondo del nato, dell’originato, del creato, del formato, non sarebbe possibile.»  Lo spirito creatore dell’universo, da cui sono nate tutte le altre parole-spirito, è il KototamaSu”. Il ki del Su è puro movimento; è lo spirito dell’universo infinito così come il nostro stesso spirito. Dà continuamente vita a U, il giudizio meccanico dei nostri cinque sensi. E’ attraverso questa coscienza che il mondo della forma è percepito per la prima volta. Qual è allora l’origine di Su? La grande origine di Su è il vuoto senza confini di Mu.
Unirsi a questa coscienza significa raggiungere la saggezza del grande specchio. Significa scoprire lo specchio limpido della mente perfetta, chiamato sunyata. Visto come esistenza è il vuoto. Visto come vuoto è esistenza. Al di fuori di questo spazio infinito la potenza creativa della coscienza universale diventa piena e ricca e si presenta come il grande fuoco yang del ki di Ho. Dal movimento di questo grande yang nasce la prima particella di ki spirituale. Il suo nome è hochi. Questo ki splendente, che irradia verso l’esterno raccogliendo altre particelle di ki spirituale, dà vita al kototama di Su. Su, estendendosi in tutte le direzioni, dà vita al kototama di U. E’ l’inizio del mondo spirituale, il reame dell’intuitivo, detto kamyo, l’età degli dei. 

Reitai ittai
La dimensione U, nata dal movimento di Su, è detta “reitai ittai”, spirito e corpo in uno. E’ il reame dei sensi, dove non c’è capacità di separare una cosa dall’altra. Non contiene coscienza di sé o dell’altro. Nel Buddismo si chiama Dharmakaya, il terreno dell’essere. In termini buddisti, la parola vuoto significa mancanza di qualunque essere individuale o separato. In altre parole, è la totale interdipendenza di tutte le cose. La qualità del vuoto è la voce di Ku. Mu, la sua controparte, è il ki vitale che riempie quel grande vuoto.
O-Sensei Morihei Ueshiba descriveva il grande vuoto dell’essere come Su-U-Yu-Mu. Su-U è allo stesso tempo assoluto e relativo. Al centro del cervello c’è iwasu, il nido dei cinquanta suoni. E’ l’isola (shima) dove il suono e il significato diventano uno. Yu è l’equilibrio armonico di fuoco e acqua, yin e yang. Sta in mezzo ed unisce U e Mu, materia e ki. Il ki e la materia combinati creano l’umu, il potere della nascita. Come sostantivo diventa umi, l’oceano da cui la vita fisica è nata su questo pianeta.

Il kototama Su contiene e da vita a tutte le altre dimensioni dell’esistenza.
Onisaburo Deguchi
Proprio come i nostri corpi sono fatti da milioni di cellule, il kototama Su contiene tutti gli altri kototama. Su è quindi chiamato “lo spirito creatore dell’universo”. Morihei Ueshiba, il fondatore dell’Aikido, affermava che il detto biblico “In principio era il verbo” va interpretato come il kototama Su.
In quanto movimento puro, Su è lo spirito della non-resistenza. Porta i nostri cinque sensi ad uno stato di pace. E’ lo shisuka, il basso e tenue rombo sotto l’indaffaramento quotidiano delle nostre menti. Nell’immobilità vi è il più grande movimento, ma allo stesso tempo essa è priva di qualunque realtà fissa e permanente. L’unione con questa origine spirituale è il significato profondo della parola yoga. Onisaburo Deguchi, il maestro spirituale di O-Sensei descriveva così il processo:
O-Sensei
«All’inizio c’è Su (hochi). Usando tutto il vostro potere dovete rendere chiara in voi questa grande origine. Possedendo questa saggezza nel profondo del vostro hara, il vostro centro fisico e psichico, potrete portare la vostra mente e i vostri sensi ad uno stato di pace, anche durante attività impegnative. La saggezza nascosta al centro del vostro essere deve diventare il mezzo attraverso cui potete davvero ascoltare l’insegnamento di Su.
All’interno del vuoto infinito il kototama Su risuona portando a noi la grande origine. Usando questa luce di saggezza arriverete ad ascoltare il vero insegnamento dello spirito creatore di Ame no Minaka Nushi. Quando si desta il desiderio di comprendere chiaramente questa origine infinita bisogna procedere con molta attenzione ed umiltà e praticare la purificazione sia la mattina che la sera.
Ricevete la verità e la pienezza di Su, assorbitela pienamente; portatela nel vostro hara e diventate tutt’uno con l’universo. Poi per tre giorni nutrite questa sensazione giorno e notte. Ascoltate la voce del grande vuoto ed annusatene il ki. Se continuate ad allenarvi in questo modo, a prescindere dal livello e dal talento, riceverete inevitabilmente la giusta luce di saggezza.»
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(1) Testo tratto da “Aikido and Words of Power - The Sacred Sounds of Kototama”, William Gleason, Destiny Books 2009
(2) William Gleason (4 September 1943) ha vissuto a Tokyo dal 1969 al 1980, dove ha praticato
William Gleason
Aikido tradizionale e spada giapponese, presso l'Aikikai Hombu Dojo. Gleason ha scritto un breve resoconto della sua formazione presso il dojo, descrivendo l' ambiente di formazione e le persone coinvolte (Takeda Yoshinobu, Kisaburo Osawa, Watanabe, Koichi Tohei, Mitsugi Saotome, Masando Sasaki, Seishiro Endo e il secondo Doshu Kisshomaru Ueshiba. Descrive intensamente la formazione con il compianto Seigo Yamaguchi, che divenne il suo mentore e amico.
Gleason ha fondato nel 1980 a Boston Shobu Aikido, una organizzazione no-profit ed è membro della Scuola Aikido di Ueshiba (ASU), sotto la direzione di Mitsugi Saotome. Molti degli studenti di Gleason hanno aperto dojo affiliati Shobu Aikido in tutti gli Stati Uniti.
Nel 2005, Gleason ha dato avvio al Shobu Okugyo Teacher Training Center, un forum unico progettato per integrare gli aspetti spirituali e fisici di Aikido. I seminari sono ritiri di 5 giorni in cui gli studenti fanno meditazione e aikido due volte al giorno, cucina macrobiotica e lettura, discussione e pratica del kototama.
Gleason ha scritto due libri. Il primo, I fondamenti spirituali di Aikido, basato sulla ricerca iniziata durante i suoi 10 anni in Giappone, ha lo scopo di introdurre i principi spirituali alla base di Aikido. Questo è il primo libro in inglese per affrontare il kototama (parola anime) e gli insegnamenti dello Shinto e dell’Aikido. Morihei Ueshiba avrebbe voluto che la sua arte marziale desse forma a una profonda verità spirituale e vide l’Aikido non come metodo di combattimento o come uno sport competitivo, ma piuttosto come un mezzo per diventare tutt’uno con le leggi del ki universale. Gli insegnamenti di Ueshiba sono sottili e utilizzano la terminologia esoterica scintoista; sono quindi difficili da interpretare, soprattutto per il pubblico occidentale. Questo libro è stato tradotto in quattro lingue.
Il suo secondo libro è Aikido e Parole del Potere: I Sacri Suoni del Kototama e tratta i suoni del kototama nella pratica dell'aikido.
Le cinque vocali rappresentano varie dimensioni e livelli di consapevolezza , i cui poteri diversi sono rivelati attraverso la pratica dell'Aikido. Gleason presenta routine fisiche che forniscono un'introduzione a Kanagi, Sugaso e Futonorito (livelli di sviluppo spirituale). Gleason osserva che l'Aikido è stato spesso affrontato come una disciplina puramente fisica, ma è un vero e profondo veicolo spirituale per chi vi si accosta con sincerità di intenti. (profilo di William Gleason tratto e tradotto da Wikipedia.eng).